16 Giugno 2021 |

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L’INDIA HA CHIUSO LA VICENDA DEI FUCILIERI ITALIANI CON UN RISARCIMENTO ALLE FAMIGLIE

INIZIATA NEL 2012 FINITA CON UN ARBITRATO

IL FATTO.

  • Martedì 15 giugno la Corte suprema indiana ha chiuso ogni procedimento legale nei confronti di Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.
  • Girone e Latorre errando accusati di aver ucciso, nel 2012, 2 pescatori indiani.
  • La Corte permanente di arbitrato dell’Aia è un’organizzazione che risolve arbitrati internazionali.
  • L’arbitrato è un metodo alternativo di risoluzione delle liti, senza ricorso a processo.
  • L’arbitrato consiste nell’affidamento ad arbitri, l’incarico di risolvere lite.
  • La decisione dell’arbitro è vincolante e deve essere eseguita.
  • Nel luglio 2020 la Corte permanente di arbitrato dell’Aia aveva deciso l‘obbligo del risarcimento alle famiglie dei 2 pescatori indiani uccisi.
  • Lo Stato italiano ha versato 1 milione e 100 mila euro alle famiglie indiane.
  • I governi indiano e italiano hanno concordato la cifra.
  • Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, ha comunicato la fine della vicenda.
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  • Girone e Latorre erano soldati della marina militare italiana.
  • Una legge italiana prevedeva, però,  proteggessero la nave mercantile.
  • A circa 20 miglia marittime dalla costa, la Enrica Lexie incrociò la rotta del peschereccio indiano St. Antony.
  • I due militari italiani verso il peschereccio uccidendo due pescatori indiani di 44 e 20 anni.
  • Secondo la versione degli italiani,  spararono per una manovra sospetta del peschereccio, scambiato per una nave pirata.
  • I marinai, inoltre, dissero di aver prima sparato alcuni colpi di avvertimento.
  • Secondo gli indiani, invece, la manovra del loro peschereccio era pacifica, per segnalare la propria presenza alla petroliera italiana.
  • Dissero, inoltre, che non furono sparati colpi di avvertimento.
  • I pescatori non erano armati.
  • Latorre e Girone furono arrestati e trattenuti in India per diversi anni.
  • La Corte arbitrale dell’Aia permise loro infine di attendere l’esito dell’udienza in Italia, per motivi umanitari.
 
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